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26 Febbraio 2021

Arrivano le nanospugne che depurano le acque reflue

Nella green economy, le acque reflue sono considerate come un’utile risorsa da recuperare e non materia di scarto da smaltire. Il tema del riuso, dunque, è fonte di studio tra i ricercatori, impegnati a sviluppare nuove tecnologie per favorire il processo di recupero. L’Ateneo di Siena, per esempio, sta studiando l’utilizzo di nanospugne sostenibili ed ecocompatibili ricavate dalle biomasse che agiscono per decontaminare le acque dagli inquinanti nocivi attraverso un’operazione di drenaggio idraulico.

Da qui è nato il progetto Nanobond, che riguarda la realizzazione di nanomateriali per la bonifica associata a dewatering di matrici ambientali, cofinanziato dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale Por Fesr 2014-2020 e coordinato dal dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’ambiente dell’Università di Siena. I materiali nanostrutturati sono realizzati attraverso il concetto dell’eco design: vengono sottoposti a costante verifica ecotossicologica, per garantire siano sicuri nelle applicazioni ambientali.

Si tratta, dunque, di tecnologie d’avanguardia che consentono un gran risparmio e completa sostenibilità ambientale per tre ragioni:

  • garantiscono un trattamento idoneo delle acque senza la necessità di un impianto di depurazione,
  • sono ecosostenibili,
  • i nanomateriali che sono stati utilizzati durante la sperimentazione provengono dal settore del recupero degli scarti. Le nanospugne, infatti, sono prodotte da cellulosa di carta da macero e riutilizzando altri scarti organici.

L’attenzione all’ambiente dunque è presente in tutte le fasi del progetto. Nanobond inoltre ha permesso si sdoganare a livello nazionale ed Europeo l’utilizzo di questa tecnologia per le bonifiche, incidendo sul vuoto legislativo, fino ad ora consistente, riguardo questo argomento. È stato sviluppato, infatti, un documento di raccomandazioni che contiene le linee guida per l’utilizzo delle nanospugne. L’Università degli Studi di Siena, infine, ha ritenuto eticamente corretto non richiedere il brevetto, per incentivare al perfezionamento e allo studio di questa importante risorsa, aderendo ai pilastri del Green Deal europeo: zero pollution ed economia circolare.